È stata pubblicata nei giorni scorsi, dalla Fondazione Migrantes, la XIV edizione del rapporto “Gli italiani nel mondo” che è stato elaborato sui dati forniti dall’AIRE e dall’Istat.
Diversi gli aspetti che sono analizzati nel rapporto e che riguardano i trasferimenti e i rientri degli italiani, le iscrizioni e cancellazioni anagrafiche verso l’estero, l’evoluzione degli espatri e dei rimpatri nell’ultimo decennio, la mobilità territoriale interna, dei giovani e meno giovani, compresa la mobilità dei pensionati.
La situazione complessiva che ne esce dell’intera nazione non è delle migliori, soprattutto se si considera che le regioni maggiormente interessate dall’emigrazione sono quelle meridionali. Negli ultimi 13 anni si è registrato un incremento esponenziale degli iscritti all’AIRE che sono passati da poco più di 3,1 milioni a quasi 5,3 milioni e quasi la metà (48,9 per cento) del Sud.
Per quanto riguarda la Puglia gli iscritti all’anagrafe degli italiani residenti all’estero sono 361.527, pari al 9% della popolazione regionale. La Bat incide su quel dato con ben 23.243 residenti, di cui il 46,5% sono donne. I Paesi verso cui maggiormente i pugliesi emigrano sono la Germania, la Svizzera, la Francia, il Belgio e l’Argentina.
Analizzando le fasce di età si rileva che il fenomeno emigratorio nella sesta provincia interessa maggiormente le persone di età compresa tra i 18 e 34 anni (24,3%) e quelle di età compresa tra i 35 e 49 anni (24%). A seguire vi sono residenti di età tra i 50 e 64 anni (18,9%), oltre i 65 anni (18,7%) e quelli di età compresa tra i 0 e 17 anni (14%). In tutte le fasce di età la Bat fa registrare percentuali al di sopra della media regionale.
Tra le tre città capoluogo quella con la percentuale più alta di iscritti all’AIRE è la città di Trani con 4.028 iscritti su una popolazione di 55.851 (7,2%), seguita da Barletta con 4.158 iscritti su una popolazione di 94.564 (4,4%) e Andria che conta 3.964 su una popolazione di 99.671 (4%).
I dati del rapporto non fanno ben sperare soprattutto se si considera che chi emigra dal meridione sono persone con un’istruzione medio-alta che porta, inevitabilmente, a un “impoverimento” delle regioni interessate e a una diminuzione di possibilità di sviluppo e di crescita andando ad aumentare sempre più quel divario esistente tra nord e sud.